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Padre Ibrahim Faltas: “Nel dramma di Siria e Libano regaliamo una speranza ai bambini”

Di Renato Burigana

Abuna Ibrahim Faltas, frate francescano, è nato ad Alessandria d’Egitto nel 1964 ed è stato ordinato sacerdote nel 1992. Fa parte della Custodia di Terra Santa. Attualmente vive a Gerusalemme. È direttore delle scuole della Custodia di Terra Santa, consigliere della stessa Custodia, direttore della Casa Nova di Gerusalemme e membro della Fondazione Giovanni Paolo II di cui è stato uno dei fondatori. È stato viceparroco a Betlemme, parroco a Gerusalemme e responsabile dello Status Quo della Basilica della Natività. Determinante fu la sua mediazione tra palestinesi e israeliani durante l’assedio alla Basilica della Natività di Betlemme nel 2002. Profondo conoscitore del Medio Oriente, è da sempre in prima linea per la difesa della pace e del dialogo fra i popoli. Padre Ibrahim è stato di recente in Siria e in Libano. Giusto sentirlo sulla situazione in quei due Paesi tormentati.

  • Lei ha visitato le comunità di Aleppo e quelle di Beirut. Come ha trovato le due città, gli abitanti, e soprattutto i bambini dopo oltre un anno e mezzo di Covid, crisi economica e distruzioni a causa della guerra?

“Sono stati giorni lunghi e intensi, quelli che ho trascorso insieme al Padre Custode Francesco Patton durante il viaggio in Siria e in Libano, ma la fatica è stata largamente ricompensata dalla gioia di riabbracciare i nostri frati francescani, che non vedevamo da tempo, e che hanno continuato a mantenere viva la loro presenza nei nostri conventi sia in Libano che in Siria. Due Paesi confinanti, che condividono l’assurdità della distruzione, della cancellazione della dignità umana. La Siria con una guerra senza fine. Una guerra a pagamento, che ha visto solo distruzione di interi villaggi, abitazioni, che ha costretto milioni di siriani a trovare un futuro all’estero. Il Libano, Paese che sino agli anni Ottanta ha vissuto una fiorente economia, ma che ha subito la guerra della corruzione e di politiche economiche sbagliate, che hanno messo in ginocchio il Paese, e l’esplosione al porto di Beirut del 2020, hanno completamente distrutto, socialmente ed economicamente, il Paese. Sia in Siria sia in Libano a pagare il prezzo più alto sono i bambini, perché in questa situazione la loro infanzia è privata del diritto che ogni bambino al mondo deve avere: il diritto di avere una casa, una famiglia, il cibo, l’istruzione, di giocare e di essere aiutato nella sua crescita con serenità e affetto per entrare nel mondo. I nostri frati in Siria e in Libano fanno un lavoro enorme, per cercare di raggiungere ogni famiglia e ogni bambino, per dare loro accoglienza e fraternità, aiutando tutti a una vita dignitosa, per guardare il futuro con occhi nuovi e con il cuore carico di speranza”.

  • I francescani della Custodia di Terra Santa sono sempre stati accanto alle popolazioni del Medio Oriente, da oltre 800 anni. Le persone vi vogliono bene e sanno quanto siete importanti per la pace, lo sviluppo, l’assistenza ai più poveri. A Beirut avete uno dei conventi «storici» di tutta l’area. Ha subito gravi danni dall’esplosione del 4 agosto 2020, come è adesso?

“L’esplosione del 4 agosto al porto di Beirut è stata l’apice di una situazione già disastrosa dal punto di vista economico. Il nostro convento si trova nel quartiere di Gemmayze, poco distante dal porto, e ha subito gravi danni, così come tutti i negozi e le abitazioni circostanti. Più di ottantamila famiglie sono rimaste senza casa. Nel nostro convento l’esplosione ha fatto crollare parte del tetto, danneggiato seriamente molte stanze e soprattutto la facciata, costruita in uno stile architettonico di grande bellezza. Tutta la nostra comunità è rimasta fortemente choccata dalla distruzione, ma i frati non si sono persi d’animo e hanno già completato tutti i lavori di ricostruzione, per rendere agibile il convento e i locali che vengono utilizzati come centro di accoglienza e punto di riferimento per molti libanesi che vengono. chiedere aiuto. Non dimentichiamo che questo è stato possibile grazie anche all’aiuto di molti benefattori, sensibili alla missione che i francescani svolgono in Libano”.

  • Come avete trovato la situazione a Beirut, che con i suoi 450.000 abitanti è la più grande e popolosa città del Libano? Il costo della vita è ormai fuori controllo come l’inflazione; la mancanza di elettricità (ci sono stati due blackout totali in pochi giorni), la distruzione di molte case e quartieri, e un Governo che non sembra trovare la strada per uscire da questa situazione?

“A Beirut la situazione è terribile. Nei giorni in cui sono rimasto lì, insieme al Custode Padre Francesco Patton e ai frati, siamo rimasti più volte senza luce. Nel quotidiano la gente è costretta ad affrontare varie urgenze: la luce è razionata, l’acqua viene distribuita per poche ore al giorno e a giorni alterni, la benzina e il carburante scarseggiano e hanno costi altissimi, mancano le medicine e il latte per i bambini. Tutto è in continuo aumento e molte famiglie rasentano la miseria. La disoccupazione è altissima al punto che molti libanesi vanno anche in Egitto per cercare lavoro. Un paradosso se pensiamo che negli anni dello splendore erano gli egiziani che ambivano ad andare a lavorare in Libano perché era una terra ricca.  È un Paese paralizzato, che ha bisogno dell’aiuto di tutta la comunità internazionale, affinché si aiuti la popolazione a creare un Governo che pensi al rilancio e alla rinascita di un Paese ricco di mille risorse storiche e bellezze naturali. L’unico Paese in tutto il Medio Oriente dove convivono diciotto confessioni diverse, cosa che rappresenta una enorme ricchezza”.

  • Il Libano, con i suoi quasi sette milioni di abitanti, un milione di profughi iracheni, due milioni di profughi siriani e oltre mezzo milione di rifugiati palestinesi, sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia. Cosa possono fare la Comunità europea e l’Italia?

Credo che bisognerebbe ripartire rimettendo ordine a livello governativo, creando una nuova era che si metta in ascolto dei bisogni della popolazione e che sia proiettata allo sviluppo del nuovo Libano, senza dimenticare la questione dei profughi siriani, iracheni e palestinesi che rappresentano il cinquanta per cento della popolazione libanese e vivono con lo status di «rifugiati». Il Paese è in parte da ricostruire, con infrastrutture che permettano anche di ipotizzare un Libano come centro di un Medio Oriente a sua volta rinnovato e rilanciato”.

  • Il Paese dei Cedri, che papa san Giovanni Paolo II chiamava «messaggio di pace», è uno dei Paesi più belli di tutto il Medio Oriente: con il National Museum di Beirut, il Tempio di Bacco a Baalbek, la valle della Beqa’ dalle cantine di vini pregiati, la foresta dei Cedri di Dio, il santuario di San Charbel e quello di nostra Signora del Libano, solo per citare alcune dei luoghi più affascinanti, potrebbe vivere di turismo. Come aiutare gli europei a riscoprirlo? Il turismo può essere una strada economica per la sua rinascita?

“Sicuramente il Paese ha molteplici aspetti per cui si presta a creare un turismo internazionale. Non dimentichiamo che il Libano è meta di pellegrinaggio. Negli anni prima del Covid c’era stata una ripresa di gruppi parrocchiali organizzati, che si recavano in Libano per la bellezza della terra, per la spiritualità di San Charbel, monaco dell’ordine libanese dei maroniti, definito il «Padre Pio» del Libano.  Per conoscere anche la storia e pregare al Santuario della Madonna di Harissa, ma anche per scoprire come in questo piccolo Paese convivano tante confessioni diverse. Il turismo, storicamente, è sempre stato una fonte importante per le risorse economiche del Paese. Credo che una campagna di comunicazione per far conoscere il Paese vada riproposta a livello internazionale”.

  • Un’ultima domanda: ci stiamo avvicinando al Natale, la festa della nascita di Gesù. Quale è la situazione dei bambini e delle bambine, dei più piccoli e indifesi dopo questi due anni così terribili?

“La situazione è triste. In Siria molti bambini sono orfani, molti abbandonati. In Libano molti bambini vivono la grave crisi economica che ha colpito molte famiglie. Purtroppo, questo lungo periodo di Covid ha un po’ chiuso l’attenzione sui bisogni di questi Paesi, come di altri. Ma il cuore dell’uomo è sempre più grande di qualsiasi evento! Con l’aiuto di benefattori cerchiamo di far vivere un’infanzia felice ai bambini, anche se spesso sono soli. Non possiamo sostituire tutto ciò di cui sono stati privati, ma possiamo aiutarli a sperare in un futuro migliore e a sognare che il Natale si avvicina, e che anche il figlio di Dio è nato in una mangiatoia”.

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