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Conoscere per riconciliare: Paolo VI, il Tantur Institute e la Bethlehem University

di Riccardo Burigana

Uno dei frutti del “pellegrinaggio” di Paolo VI in Terra Santa fu l’impegno a creare delle realtà in grado di favorire un dialogo fondato sulla conoscenza e di promuovere una sempre migliore comprensione della propria identità proprio nel confronto con le altre tradizioni religiose, a cominciare dalle diverse confessioni cristiane, soprattutto quelle che arricchiscono la Chiesa Cattolica. Si trattava di rilanciare una delle idee centrali del Concilio Vaticano II, cioè la necessità di costruire un dialogo che andasse oltre la condivisione di esperienze quotidiane, puntando a una conoscenza della complessità dell’universo religioso, che prendesse le mosse dalla condivisione della pluralità di confessioni cristiane, superando il clima di contrapposizione e di pregiudizi che aveva segnato, almeno a livello ufficiale, il cristianesimo.

In Terra Santa questa idea assumeva una valenza del tutto particolare per il passato e per il presente della regione, con un elemento peculiare che era costituito dai rapporti con l’ebraismo, sui quali pesava la memoria della tragedia della Shoah, sulla quale, anche in Israele, si faceva fatica a avviare un processo di storicizzazione, come apparve evidente anche dalle reazioni al dibattito conciliare per la redazione di uno schema che affrontasse la relazione tra Chiesa cattolica e popolo ebraico in un orizzonte ecumenico.

Proprio nella prospettiva di definire e di approfondire il dialogo ecumenico in Terra Santa in modo da offrire degli elementi per la comprendere l’universo cristiano, per favorire un dialogo con le religioni abramitiche e per offrire un contributo per la pace, si colloca la fondazione del Tantur Ecumenical Institute. Pensato dal padre statunitense Theodore Martin Hesburgh (1917-1915), con il sostegno della University of Notre Dame e di molti benefattori, il Tantur Institute venne inaugurato nel 1972, anche se i lavori si erano conclusi nel 1967, ma le conseguenze della guerra araboisraeliana del 1967 portarono al rinvio della sua apertura. Da allora, come è stato ricordato anche in occasione del convegno «Hope of unity: living ecumenism today» (26-27 ottobre 2002), in occasione del 40° anniversario della sua apertura, il Tantur Institute è divenuto un luogo di studio e di esperienza in campo ecumenico, ospitando migliaia di studiosi appartenenti a diverse confessioni cristiane, con l’intento di promuovere una ricerca teologica strettamente legata a una testimonianza quotidiana della fede in Cristo, attraverso la quale rafforzare il cammino per l’unità della Chiesa. Il Tantur, anche per la sua posizione tra Gerusalemme e Betlemme, è un’oasi di incontro, di studio, di preghiera e di ospitalità che, fin dalla fondazione, ha voluto essere un luogo aperto a uomini e donne da tutto il mondo.

Su un piano più strettamente legato alla conoscenza della ricchezza e della complessità delle tradizioni cristiane si colloca la fondazione della Bethlehem University che risale al 1973, a quasi un decennio dalla visita di Paolo VI, anche se le origini di un istituto cattolico di alta formazione a Betlemme sono molto più antiche. Alla fine del XIX secolo, infatti, i Fratelli Cristiani decisero di aprire una serie di scuole nel Medio Oriente, dall’Egitto, al Libano, alla Giordania, con un intento che andava ben oltre l’attività missionaria, dal momento che appariva, allora, centrale l’istanza di formare i cristiani, pur di tradizioni diverse, della regione. Una di queste scuole venne aperta a Betlemme iniziando una tradizione che riuscì a sopravvivere, pur tra mille difficoltà, radicandosi a tal punto che da questa esperienza si cominciò a pensare la creazione di una vera e propria Università, dopo l’impulso dato da Paolo VI, che voleva offrire ai palestinesi, non solo ai cristiani, un luogo di alta formazione. Dalla sua fondazione la Bethlehem University, anche grazie ai rapporti internazionali che ha saputo creare, è diventata un luogo di formazione e di riflessione che ha alimentato l’idea che Betlemme e il suo patrimonio culturale, non semplicemente religioso, appartengono al mondo in uno spirito di dialogo e di accoglienza che possono aiutare il processo di pace.

Nel corso degli anni, soprattutto negli ultimi anni alla luce delle vicende che sembravano aver allontanato il progetto per la costruzione della pace in Terra Santa, relegandola nella soffitta delle utopie, i due istituti hanno proseguito, pur tra le crescenti difficoltà, la loro azione indicando una prospettiva che è andata al di là della conoscenza per il dialogo per promuovere una cultura del dialogo in grado di alimentare processi di riconciliazione delle memorie, come primo passo per il superamento delle violenze che inaridiscono la vita di uomini e di donne.

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