Auguri di buon natale dal presidente della Fondazione
Firenze, Natale 2023
Nella Chiesa di Santa Maria della Pieve in Arezzo, appena varcata la soglia – sulla destra– ci introducono al sacro nove volti di una sofferenza lontana, silenziosa, anonima. Quei volti sono stati scelti da una cartella ricca di altre eloquenti immagini dagli studenti che hanno partecipato al “Progetto Uomo” organizzato dalla Fondazione dal 29 novembre al 1° dicembre.
Sono volti che potremmo incontrare tutti i giorni nelle nostre città; volti che raccontano la stessa periferia che nella notte di Betlemme si è popolata degli esclusi mentre si avvicinavano alla Grotta e che ancora oggi chiedono che quella Speranza incarnata non resti confinata nei territori delle sole buone dichiarazioni, come avrebbero il diritto di rimproverarci poiché privati di ogni futuro – come sono – a causa dei conflitti che ancora infiammano alcune regioni del mondo; conflitto in Afghanistan, guerra civile in Myanmar, crisi dello Yemen, guerra russo-ucraina, guerra di Gaza o israelo-palestinese, conflitto
del Tigrai in Etiopia. E non basta questo elenco dei più cruenti perché non possiamo dimenticare quelli sparsi per il mondo: in Africa, in Asia (Iraq e Siria), in Sud America (le FARC in Colombia), in Nord America (la guerra della droga in Messico).
Come non prendere consapevolezza delle astute deformazioni del messaggio evangelico laddove si parla di pace! La pace non è solo un comandamento per le coscienze ma anche per gli stati e per le nazioni che agiscono con altre logiche! Se si misurassero con quel comandamento riconoscerebbero il linguaggio ingannevole con il quale assolvono le loro decisioni Da quella Grotta troviamo tuttavia il coraggio dell’augurio: “Buon Natale!”. Ed è anche quello che ci facciamo con lo sguardo rivolto a quanto abbiamo compiuto in questo –ancora una volta drammatico – anno 2023.
La Fondazione si è progressivamente dotata di un assetto più convincente per sostenere le proprie attività; anche quest’anno l’hanno vista impegnata nei progetti in Terra Santa (Betlemme, Gerico, Effetà) e poi in Libano, in Giordania, in Iraq. Nel nostro Paese con il programma migranti, con l’accoglienza ai profughi ucraini, con il progetto corridoi umanitari, con le importanti iniziative territoriali della Impresa sociale Qoelet.
Infine, la sua partecipazione ai tavoli degli Enti locali a favore delle categorie più bisognose sta precostituendo le condizioni per la integrale applicazione delle normative per la co-programmazione e co-progettazione di interventi di estesa utilità sociale. Pur nelle difficoltà finanziarie che ribadiscono la più generale condizione economica del nostro Paese (basterebbe leggere il rapporto Caritas 2023 su povertà ed esclusione sociale in Italia) e sopportando le conseguenze di una economia mondiale (leggi conflitti e politiche monetarie, confuse decisioni in politica ambientale) indebolendo ulteriormente le categorie già zoppicanti (lavoratori, pensionati), la Fondazione ha mantenuto i suoi programmi e la equilibrata gestione della “spesa” anche facendo investimenti ad integrazione dell’organico della sezione Fundraising e per conseguire l’accreditamento presso la CAF (Charity American Fund) che ci permetterà di intervenire nell’area “donors” degli USA.
Siamo in attesa di realizzare nella nostra sede di Betlemme il luogo di raccolta e diffusione delle identità dei popoli della Terra Santa diffuse nel mondo. Cominceremo con esportare lì la mostra dei “volti” che tanto ha affascinato i ragazzi.
Approfitto di una immagine che mi ha suggerito una nota letta in un testo dedicato, di cui mi pare la Fondazione si possa appropriare come viatico per l’eredità ricevuta. È quella dell’episodio del paralitico di Cafarnao raccontato nel Vangelo di Marco. Il Paralitico desiderava ottenere da Gesù il perdono e si faceva accompagnare da quattro “volontari” che lo sorreggevano in barella. Non potendo raggiungere il luogo dove Gesù sedeva e annunciava la Parola – a causa della grande folla che lo circondava – questi
“volontari” salgono sul tetto, lo scoperchiano e calano la barella con il paralitico proprio davanti a LUI.
La Fondazione non è forse chiamata – con il coinvolgimento dei suoi volontari – a scoperchiare i tetti che coprono le stanze abitate da egoismo, egotismo, protagonismo, carrierismo, clericalismo, laicismo, intellettualismo, buonismo, favoritismo, personalismo, affarismo, razzismo, per calare davanti alla Speranza gli esclusi, i nuovi paralitici (mutilati del futuro) che non cercano perdono ma giustizia?
Buon Natale
Andrea Bottinelli