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Auguri di buon natale dal presidente della Fondazione

Carissimi e carissime, 

Così il poeta…” Silenzio è natale! Senza maiuscola. Nelle carezze di un presepe muto scorre la bancarella dei libri che non parlano, delle voci che non scrivono degli alfabeti che non parlano, degli arnesi che non servono, degli strumenti che non suonano……” (P. Berdondini)

Ma è silenzio oppure è voce soffocata, annichilita dai boati di orizzonti frequentati da ordigni che precipitano su un’umanità colpevole solo di essere tale? Proviamo allora a varcare il confine del silenzio perché invece tornino a parlare i libri, ad alzarsi le voci, a rimettersi in fila gli alfabeti, a rivedere gli arnesi al loro posto sulle mensole degli artigiani e gli strumenti infine…. che ricomincino a suonare.

Buon Natale!

Sì! È ancora un Buon Natale con le lettere Maiuscole! Proprio perché è frontiera-riparo dal diffondersi delle guerre; in Ucraina, a Gaza, in Libano e in Siria e dovunque non si chiamino guerra ma violenza, sopraffazione, segregazione, discriminazione, e ancora di più se nascoste da indifferenza, rassegnazione, da ciò che è conforme e si conforma.

Esiste un confine – reale o solo immaginario – che stabilisce convenzionalmente un luogo che si autodefinisce un “fra di noi” e che definisco “il dentro” ed esiste proprio perché fa esistere un altro luogo “l’estraneo” che chiamo “il fuori”. Anche a Natale, anche quando non era Natale, anche dove non è mai stato Natale, anche dove non sarà Natale ci sono uomini (pochi) “dentro” e una disseminata estesa di uomini “fuori”. “Dentro” dove è insediato il potere politico, economico, culturale che si difende dal “Fuori” dove si accalca una folla sterminata di disperati o di sottomessi in attesa: di cosa? Forse di una ostentata benevolenza o della carità vischiosa che anestetizzi ogni grido di giustizia sociale sostituito con abilità dalla cupidigia del consumo? È lungo – quella linea – dove si consuma ogni speranza di esistere o si nega il diritto di essere.

È quello il confine che la Fondazione, con le sue attività, cerca di varcare continuamente per tentare di rimuoverlo dove è solo possibile tentarlo ovvero nel cuore di ciascuno. Anche quest’anno abbiamo cercato di non tradire i valori etici, morali, religiosi lascito ed eredità dei Fondatori (emerge con vigore il ricordo del Vescovo Luciano che ci ha lasciato nello scorso mese di giugno) così come il mandato – di cui abbiamo garantito l’attuazione – ed infine la fiducia che i nostri donatori, sostenitori e amici ci affidano perché sia trasformato in credito di speranza, promozione della qualità della vita per gli scartati, condivisione di un comune destino (Edgar Morin).

La Fondazione ha consolidato il proprio assetto organizzativo raggiungendo la configurazione convincente di “Azienda del Bene”. È stata impegnata nel portare a termine i propri progetti sia in Italia con i progetti “accoglienza migranti” sia in Terra Santa (Betlemme, Gerico e sempre a Betlemme per l’Istituto Effetà), poi in Libano, in Giordania e in Iraq con uno sguardo attento all’Africa – regione in cui si concentreranno gli aiuti internazionali nel prossimo futuro – e un ulteriore impegno in Italia nella formazione e preparazione dedicata ai nuovi ospiti per garantire loro una futura occupazione nelle realtà economiche territoriali.

Riaffermare il valore della speranza – radice di una solida fede nel valore del creato e della creatura – progetto di Dio – può far riemergere dalla attualità quello “stato di cultura” capace prima di comprendere e quindi confinarne gli effetti quello “stato di natura” investigato da I. Kant nel saggio “Per una pace perpetua”.

Lo scorso 04 dicembre, nello storico complesso delle “Murate” in Firenze, la Fondazione ha celebrato l’annuale evento “Giornata della Fondazione” percorrendo con l’aiuto delle autorità religiose (Vescovo Gambelli, Rabbino Piperno, Imam Ezzedin) la traiettoria che dal libro del Levitico («Conterai sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese, farai echeggiare il suono del corno; nel giorno dell’espiazione farete echeggiare il corno per tutta la terra. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo» – Lv 25, 8-10) toccava terra sul suolo delle proprie difficoltà non eludendo le contraddizioni di mutuare il valore delle finalità solidali con l’inadeguatezza dei propri mezzi.

La comprensione dei nostri amici – sostenitori e donatori – del nostro pericolo di inciampare nell’ambivalenza delle azioni abitanti il campo delle buone pratiche ci consente di insistere nella nostra missione e ancora una volta grande è la gratitudine nei loro confronti.

Buon Natale a tutti noi, tenaci conservatori di volontà che non temono di porsi tra il “Drago ed il suo furore” (Shakespeare). Noi della Fondazione crediamo, e per questo lavoriamo, che gli sguardi dei bambini torneranno a guardare con fiducia ad Est, a quel luogo dove un bambino come loro non ha avuto paura di nascere. Noi della Fondazione crediamo ancora che gli uomini abitanti “Il Dentro” comprenderanno che in quel “Fuori” è nato un Bambino che ancora oggi ci chiede se ancora quel confine resiste e pare così solido da non poter essere demolito, che c’è comunque una cometa che valica ogni resistenza e illumina la traiettoria degli uomini di buona volontà.

Infine, così il poeta… “Ecco, il segno alato. Si libra sopra quella crisalide santa. L’invisibile Spirito della Stella risponde loro: Inchinatevi nel vostro canto, potenze benigne. Prostratevi sui vostri archi di avorio e oro!” (E. Pound)

Auguri di buon Natale!

Andrea Bottinelli,

Presidente Fondazione Giovanni Paolo II

 

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