Blog

Fondazione Giovanni Paolo II / Magazine  / Impatto psicologico della guerra sui bambini- Dott.ssa Elisa Faleppi

Impatto psicologico della guerra sui bambini- Dott.ssa Elisa Faleppi

“La capacità umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi attorno una tenue barriera di difesa anche in circostanze apparentemente disperate è stupefacente e meriterebbe uno studio più approfondito” (P. Levi, “Se questo è un uomo. La tregua”, 1958).

Lo stupore per come l’essere umano riesca, nonostante tutto, a sopravvivere in contesti estremi come quelli di una guerra e, in qualche modo, anche ad “accettarne” le drammatiche conseguenze si fa ancor più grande quando l’oggetto della nostra riflessione sono i bambini. Ci chiediamo da dove essi traggano le forze per vivere tale esperienza senza crollare definitivamente; eppure, salvo casi circoscritti, i bambini che hanno attraversato le atrocità della guerra non vanno “fuori di testa”. Il più delle volte, questi bambini ci sembrano perfino più buoni, più servizievoli, più maturi di come lo sono in situazioni “normali”. Questa incredibile capacità di adattamento può portare noi adulti a sottovalutare le conseguenze psicologiche che possono segnare e condizionare la loro crescita. La tranquillità che lasciano trasparire, in realtà, spesso non è che una quiete apparente.

Il dolore dei bambini è un dolore silenzioso che blocca le loro emozioni, le lacrime, il corpo. I genitori durante un conflitto possono non essere più in grado di garantire ai figli neanche il soddisfacimento dei bisogni primari; gli altri adulti sono vissuti dai bambini come impotenti, se non come crudeli e senza cuore. Per i bambini, la sensazione che ne deriva è dunque quella di un terribile “tradimento” dei grandi e la conseguenza è una perdita di fiducia che sgretola le fondamenta su cui si basa la loro visione del mondo. Le perdite poi difficilmente trovano il modo di essere elaborate in maniera compiuta: il lutto è “congelato”, rinviato in attesa di una tregua che consenta loro di comprendere ed esprimere il dolore.

In questo scenario di paura e smarrimento, i bambini riescono comunque a trovare il modo di non lasciarsi andare alla disperazione. Laddove possono essere presenti, i genitori sono senza dubbio coloro che più di tutti possono proteggere e curare i bambini dalle conseguenze dei traumi vissuti; in loro assenza, professionisti e volontari possono inizialmente condividere il peso della loro esperienza, per poi aiutarli a far ricrescere in loro il seme della fiducia nelle persone e una visione del mondo positiva. I bambini ci stupiscono con la loro determinazione nel cercare ancora la fiducia in qualcuno, avere voglia di ridere di nuovo, giocare, disegnare, ballare e tornare a vedere la bellezza intorno a loro. In prima fila nel sostenere questo percorso ci sono medici, educatori, psicologi, volontari ed altri professionisti: interventi di supporto psicosociale possono essere di grande aiuto e fare davvero la differenza affinché le sofferenze vissute dai bambini nei contesti di guerra non diventino per loro un ostacolo permanente ad una vita dignitosa e serena.

Dott.ssa Elisa Faleppi

Psicologa – Psicoterapeuta

Iscriviti alla newsletter