La barbarie contro l’uomo deve finire
La morte di Satnam ci insegni a cambiare strada, finché siamo in tempo
Siamo rimasti attoniti e senza parole per quello che è accaduto nelle campagne di Latina, al giovane ragazzo indiano Satnam Singh che ha perso la vita per la crudeltà di italiani che non l’hanno assistito dopo il grave incidente che ha subito lavorando nei campi. Quello che è accaduto, così come si va delineando, chiede a tutti noi di prendere posizione e di invertire la «rotta»: non si può lasciare morire una persona senza assisterla, scaricarla per strada con la moglie, senza telefoni, con una grave emorragia in corso, con il braccio messo in una cassetta della frutta.
Il Governo intervenga, regolarizzi con il permesso di soggiorno le persone che lavoravano accanto a Sarnam così che possano testimoniare raccontando tutta la brutalità di quanto è accaduto. Quella di Satnam non è una morte sul lavoro, è la negazione della persona umana, la negazione della umanità. Ed è avvenuta in Italia; è avvenuta non in guerra ma in tempo di pace; è avvenuta a due giovani che avevano scelto il nostro Paese per vivere di lavoro.
Ma non è solo il Governo che deve fare ciò che gli compete, è ciascuno di noi che questa volta deve dire: basta, io mi impegno perché la morte di Satnam deve essere una svolta nella mia vita.
La Fondazione Giovanni Paolo II, da venticinque lavora in Medio Oriente e in Italia per l’accoglienza e l’integrazione, lo fa come moltissime altre associazioni e fondazioni, dimostrando ogni giorno che l’integrazione è possibile. Ogni uomo e donna è portatore di ricchezze che vanno accolte e valorizzate.
Le parole della moglie di Satnam devono essere un monito per tutti, almeno noi della Fondazione Giovanni Paolo II, le abbiamo prese così: ora basta.