Blog

Fondazione Giovanni Paolo II / Magazine  / Betlemme la città dei bambini in tempo di guerra

Betlemme la città dei bambini in tempo di guerra

Betlemme è la città dove è nato Gesù Bambino, è la città dei bambini, anche per noi, che quando entriamo a visitare la Basilica della Natività proviamo l’emozione, che provavamo da bambini quando si avvicinava il Natale. Oggi facciamo fatica a respirare l’aria del Natale, che tutto l’anno accompagna la vita a Betlemme.

A distanza di cinque mesi dall’inizio dell’atroce e disumano conflitto tra Israele e Hamas, che ha visto la morte e il ferimento di migliaia e migliaia di bambini, anche i nostri bambini stanno pagando le conseguenze di questa guerra.

Sono stati privati, dal ritmo della vita di tutti i giorni. Sono chiusi insieme alle loro famiglie dentro la città con l’impossibilità di uscire dalla città e si è insediata nei loro cuori la paura, la paura quando hanno sentito passare i missili sopra la città di Betlemme, il suono è talmente forte che terrorizza grandi e piccini. Provate ad immaginare, se i vostri bambini doveste tenerli chiusi in casa per dei mesi, e poi tenerli chiusi nel Vostro quartiere!

I bambini hanno paura di rimanere soli, hanno il terrore che possa accadere qualcosa di terribile al loro papà o alla loro mamma.

La polvere dei continui bombardamenti è scesa, simbolicamente, sulla vita delle famiglie betlemite. I bambini sanno, della fatica dei loro genitori che sono rimasti senza lavoro, che non hanno nessuna retribuzione. Si sono accorti che qualcosa è stato spezzato nella vita di tutti i giorni, mamma e papà sono a casa tutto il giorno, non vanno al lavoro, perché non c’è lavoro per nessuno. Poi ascoltano dai grandi le terribili notizie di guerra, e ovunque si possono vedere le immagini dei bambini morti e feriti di Gaza.

Molti genitori mi raccontano che i loro bambini sono cambiati, sono tristi e piangono tante volte per la paura, e hanno più che mai il bisogno di stare solo vicino ai genitori.

Da quando abbiamo riaperto le scuole, anche noi e gli insegnanti ci siamo accorti di questo cambiamento, e abbiamo accolto i bambini cercando di far fare diverse attività, di gioco, di teatro, oltre al programma scolastico, per cercare di far esprimere i loro sentimenti, le loro angosce. Il ritrovarsi con i compagni aiuta loro molto, a giocare e trovare un po’ di serenità, e a volte li senti parlare della guerra. Questo mi fa particolarmente impressione, dovrebbero parlare di calcio, di bambole, di giochi e invece parlano della guerra!

Anche alla casa della Fondazione Giovanni Paolo II, oasi di pace all’interno della città di Betlemme anche con ampi spazi all’aperto, abbiamo ripreso le attività, sia nelle aule, come il disegno e la pittura, o all’aperto, come giochi e incontri tesi a recuperare l’amicizia e la motricità perse dalla paura. Ma tutto è scandito da come vanno le giornate, in base al conflitto. I bambini di oggi di Betlemme, sono tutti quelli nati dopo la costruzione del muro, sono cresciuti con questa terribile situazione, eppure hanno imparato a conviverci, nonostante sia così difficile. Ma oggi sono isolati dal mondo, sono chiusi dentro Betlemme, è dovere di tutti noi, di aiutare e supportare le famiglie affinché possano crescere i loro bambini, privati della loro fanciullezza; questi bambini di Betlemme, saranno il futuro di questa città saranno gli uomini e le donne che continueranno a testimoniare la presenza cristiana vicino ai luoghi santi.

Nelle nostre scuole al mattino recitiamo la Preghiera semplice di San Francesco, sono regole di vita, che ogni giorno ripetiamo, affinché entrino nel cuore e nella mente di ogni bambino, perché i bambini sono il sorriso del cielo affidato alla terra. Sono i veri gioielli della famiglia e della società.

Ho fatto tesoro di questa lettera scritta ai bambini nel 2006 di Giovanni Paolo II; «Cari bambini, vi scrivo pensando a quando anche io, molti anni fa, ero bambino come voi. Dobbiamo pregare insieme e molto, affinché l’umanità, formata da diversi milioni di esseri umani, diventi sempre più famiglia di Dio e possa vivere nella pace … (Vi ho ricordato) le indicibili sofferenze che tanti bambini hanno sperimentato in questo secolo e quelle che molti di loro continuano a subire in questo momento. (…) Proprio meditando su questi fatti che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini e ragazzi, di farvi carico della preghiera per la pace».

Padre Ibrahim Faltas

Iscriviti alla newsletter